martedì 21 gennaio 2014

Irène Némirovsky - Il ballo

Con i librini della Newton Compton ho un debito infinito, con tutti i classici che le
vecchie edizioni Mille Lire mi hanno permesso, nell'era pre-ebook, di godermi da squattrinata studente (pur lavoratrice) assetata delle letture che i manuali pesantissimi, dispendiosi e obbligatori per gli esami mi sciorinavano davanti.
Questo (ormai non tanto più) nuovo ritorno l'ho rincorso subito, anche se giusto per la sola Némirovsky di cui, con vergogna, ammetto non avevo mai letto niente.
E' un librino morbido, con una bella introduzione e pagine pastose come piacciono a me: le pubblicità di altri libri all'interno della copertina stonano un po', ma non più di tanto; le poche righe sulla quarta invece sconcertano, e non si immagina come si sia riusciti in appunto poche righe a mancare del tutto la trama.
Poi c'è Il ballo, che è uno dei racconti (e io non amo molto i racconti) più belli che abbia mai letto, perfetto nella sua brevità, proprio come l'impeto fanciullesco di rabbia di Antoinette, un unico gesto improvviso, quasi una bravata, che fa crollare senza alcuna difesa il sogno della sua insensibile madre che vive nell'attesa di un'ultima possibilità di rivincita sociale prima dell'inevitabile declino fisico.
Poche pagine e mille sfaccettature, le ombre e le sere di Parigi negli anni '30, una scrittura distaccata eppure magnificamente cesellata e intrisa di sé.
Che delizia.
E che soggezione.
Sarò pronta per Suite Francese?

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