venerdì 22 marzo 2013

Jonathan Safran Foer - Molto forte, incredibilmente vicino

Molto forte, incredibilmente vicino l'ho letto grazie ad un regalo di Natale inaspettato che ha vinto una mia certa reticenza: lo dico sempre, che i libri arrivano da sé.
L'ho letto a cominciare dal titolo, che è bellissimo e racchiude tutto il libro.
Ci vogliono un po' di pagine per familiarizzare con la scrittura destabilizzante di J.S.F., occorre lasciarsi guidare completamente, godersi ogni parola e ogni frase, ogni foto che appare all'improvviso.
Oskar, il protagonista, ha 9 anni, un peso sul cuore, quell'ultima telefonata del padre registrata dalla segreteria prima della morte nel crollo delle torri gemelle, e una chiave trovata per caso, simbolo concreto e nello stesso tempo surreale, a cui si affida, mentre gironzola per le strade di New York alla ricerca della serratura giusta, con la fame dell'esigenza inconsapevole di imparare a rispettare gli spazi vuoti che non si possono riempire, le domande senza risposte, i dolori che non si riescono a raccontare.
E' un libro tragico eppure bellissimo, che subito istiga domande ma cedi subito e ti fai prendere per mano con gentilezza mentre si svelano particolari della storia della famiglia Schell e delle persone che Oskar incontra durante i suoi giri, gli orrori delle guerre, le perdite, le ferite dell'anima, le parole che non ha senso dire, le parole lasciate andare, i pudori che si tengono stretti, le riconciliazioni, soprattutto con sé stessi, il peso del mondo e la sua leggerezza.
E poi l'ultima sequenza di foto, che è un pugno allo stomaco e nello stesso tempo uno squarcio di speranza: non la speranza di poter cambiare ciò che è stato ma l'accettazione come forma suprema di amore.
Non so se sono riuscita a percepire tutto quello che J.S.F. vuole dire, però questo libro l'ho amato in ogni singolo istante.

domenica 10 marzo 2013

John Bellairs - La pendola magica

Il libro di Bellairs, autore che, purtroppo, non conoscevo assolutamente, l'ho preso "per far numero" (visti i prezzi ridicoli e per una questione di avidità, lo ammetto) assieme a Carofiglio e a un libro di Malvaldi.
Mi sono accorta solo arrivata a casa che le illustrazioni (come, ho scoperto, per tutti gli altri suoi libri) sono di Edward Gorey: la mia soddisfazione è andata alle stelle.
Etichettato come racconto gotico "per ragazzi" (e mi pesano sempre tanto queste classificazioni!) è la storia di Lewis, 10 anni e una valigia piena di libri e di soldatini di piombo, che, rimasto orfano di entrambi i genitori, si trasferisce, nella calda estate del 1948, a New Zebedee, nel Michigan, per vivere con lo zio Jonathan, "mago da salotto", in una bellissima casa in pietra, al n. 100 di High Street, con una torretta, un ippocastano sul davanti e una vezzosa cancellata in ferro.
Lewis fa così conoscenza con la vicina di casa e grande amica dello zio, la Signora Zimmermann, maga con tanto di diploma, e rincorre insieme a loro, tra merende con biscotti al cioccolato e partite a poker, l'inarrestabile ticchettio di un pendolo nascosto dai potenti maghi Isaac e Selenna Izard dietro una parete della casa a segnare l'ora della distruzione del mondo; si diletta con il cannocchiale dello zio che per 5 scellini permette di dare un'occhiata alla flotta dell' "Invencible Armada" o alla battaglia di Waterloo; cerca di conquistare definitivamente l'amicizia di Tarby, uno dei ragazzi più popolari della scuola, promettendogli di riuscire a resuscitare un cadavere scegliendo, inconsapevolmente, proprio quello della terribile Signora Izard ma riscattandosi sconfiggendola, assieme al suo orologio magico, grazie al libro di J.L. Stoddard che gli permette di evitare l'incanto della Mano di Gloria (Harry!).
E' davvero una bella storia, con un po' di mistero, tanta magia e rifinita splendidamente dalle molte illustrazioni.
E su quel cannocchiale ci ho lasciato il cuore.

sabato 2 marzo 2013

Alan Bennett - Una vita come le altre

Il libro di Bennett è il frutto di uno degli usuali giri in biblioteca del primo giorno di ferie, complici gli orari incompatibili di ufficio e biblioteca visto che, evidentemente, le biblioteche e il lavoro si pensa tendano a respingersi, e chissà perché.
Per chi conosce Bennett Una vita come le altre è un libro diverso e particolare, intimo, corredato da fotografie che ispirano la colpevole sensazione di sbirciare nel privato altrui e su cui aleggia la stessa timidezza di famiglia a cui lo scrittore cerca, più volte, di dare un significato concreto, di farne simbolo di elevazione denigrandola.
E' un Alan Bennett che si guarda indietro, un risucchio (170 pagine che si leggono in una giornata) pervaso di malinconia, di dubbi e certezze verso quel che è stato, di curiosità instancabile, d'insofferenza, di ironia e di riconciliazione.
E quella che racconta sotto il suo sguardo "poco caritatevole", come riportato in qualche recensione, è una storia d'amore, ma soprattutto una storia di rispetto e di accettazione.
Non è il Bennett a cui siamo abituati e se ne esce un po' in subbuglio, ma non è per questo che si continua a leggere?