Poi si è fatto avanti lui, affiorando, con la sua bruttissima copertina, da una cesta di libri dimenticata sotto un tavolo in un mercatino dell'usato.
E' la storia di Susan, ragazzina che si fa chiamare Stargirl e, nuova arrivata, sconvolge le vite di Leo, la voce narrante, e dei liceali di Mica, cittadina sperduta nel deserto dell'Arizona, con il suo spiccato anticonformismo, i suoi vestiti hippy, l'ukulele con cui fa, senza dimenticarsi mai di nessuno, gli auguri di buon compleanno ai compagni durante la pausa pranzo, i regali e i bigliettini che lascia in giro per la città, la sua attenzione quasi morbosa per le vite degli altri.
Insomma, quasi una sorta di Pollyanna in chiave moderna, ma con addirittura un ufficio e, me lo si conceda, non così simpatica.
L'anticonformismo, specie tra gli adolescenti, non ha vita facile, e Leo per primo, pur innamorandosi di Stargirl proprio per quello che è, la sprona ad una "normalità" a cui la ragazza prova ad arrendersi senza riuscirci ma, anzi, gettando i semi che a poco poco cambieranno la cittadina stessa.
E' una lettura veloce e scorrevole, piacevole, anche se più che l'anticonformismo e la diversità è un libro, a mio parere, che esalta la gentilezza e la capacità di mettersi nei panni dell'altro, valori che comunque possono benissimo essere visti, soprattutto ad una certa età, come anormali, e che si chiude con addosso la sensazione di qualcosa di incompiuto.
Ma soprattutto mi lascia perplessa il fatto che si stia parlando di ragazzi di
16/17 anni, quasi adulti che guidano (siamo in America) già la macchina: davvero li si
raggiunge con un libro etichettato "dai 12 anni" (che anche 12, secondo me,
dovrebbero già essere oltre)?
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