mercoledì 20 novembre 2013

Marco Vichi - Il commissario Bordelli

In genere, riferendosi alle letture che esulano dai miei studi e dai miei interessi principali bollati come "mattoni", mi "accusano" di leggere e guardare solo "gialli".
Sarà.
E' che sono le mie letture e visioni d'evasione preferite, e a volte (in genere non ci bado) sono dispiaciuta che si guardi ancora al genere "giallo" come a un genere di serie B.
Era un po' che avevo intenzione di provare a leggere qualcosa di Marco Vichi e, come al solito, mi è venuto in aiuto un cesto di libri usati fuori da una nuova libreria che ho intenzione di tenere d'occhio.
Il simil-timbro "best thriller" in copertina per fortuna non mi ha depistato più di tanto, anche se certe scelte editoriali mi lasciano sempre un po' perplessa, e ho trovato il giallo (classico, commenta Augias, sempre in copertina, e con ragione) che mi aspettavo.
Il commissario Bordelli è una figura affascinante e tormentata, che si aggira nella Firenze dei primi anni '60, intrisa dei ricordi della guerra da cui l'Italia si sta ancora riprendendo, per risolvere l'omicidio di una vecchia signorina; e ci si affeziona subito, mentre lo si segue in una Firenze afosa d'agosto nella fermezza, oltre che di risolvere il delitto, di prendere per mano tutti personaggi che gli vengono incontro, umani e non, per rendere loro il posto che meritano, a prescindere dal margine d'illegalità, ma sempre rispettosa, o anticonformista in cui vivono, elevandoli sulla patina di benessere e rispettabilità di cui invece sono intrisi coloro che, alla fine, si rivelano essere i colpevoli.
E la scrittura di Vichi è pacata e tranquilla, senza fronzoli, e si prende il suo tempo: una lettura appagante e un autore da riprovare.