sabato 23 febbraio 2013

Oliver Sacks - Un antropologo su Marte

Ho il vizio, che alimento con tenacia, di tenere da parte una lista di libri, sparsi qua e là sugli scaffali della biblioteca di quartiere, da cui attingere in caso di voglia improvvisa di rassicurazioni. E Oliver Sacks lo si ritrova intatto in ogni suo scritto: lo stesso sguardo del neurologo competente e consapevole e quello entusiasta e pieno di meraviglia che si concede arrendevole alla semplice osservazione per lasciar parlare la genialità spesso incompresa sotto la coltre oppressiva dei luoghi comuni.
Non serve molto: basta godersi la scrittura chiara e priva di faziosi orpelli trotterellando con lui (immaginatelo mentre si accarezza la barba grigia godendosi allegro le sue Fisherman's friends) dietro il Dr. Bennett, medico chirurgo che spiega la necessità, dopo giornate passate a combatterla, di arrendersi alla sindrome di Tourette, che lo rende quello che è; alla D.ssa Grandin, che studia con curiosità il suo stesso autismo e che con la stessa curiosità cerca di capire e di provare quei sentimenti e quelle emozioni che si danno spesso per scontati, e non lo sono; a Virgil che non è riuscito a fare i conti con il regredire della sua cecità; a tutti i pazienti che durante i sette racconti del libro ci raccontano quell'ovvio su cui a volte (spesso) si soprassiede per pigrizia (spero).


sabato 16 febbraio 2013

David Foster Wallace - Una cosa divertente che non farò mai più

Nonostante la simpatia che Foster Wallace, come persona, mi ha sempre ispirato (per quel poco che ho letto su di lui) e l'intenzione, prima o poi, di leggere qualcosa di suo, sono sempre stata frenata da una certa critica un po' troppo esuberante che, per esperienza, spesso e volentieri è preannuncio di notevoli delusioni.
Una cosa divertente che non farò mai più mi è sembrato una lettura innocua e ha mantenuto le aspettative: costruito sull'esperienza di DFW come corrispondente per l' Harper's su una di quelle enormi navi da crociera che vanno di moda adesso (il testo originale è del 1997 ma presumo non sia cambiato molto), rivela uno scrittore curioso e attento, ironico, che guarda con occhi disincantati e leggermente stupiti (a volte persino un po' troppo) la piena di gente che intorno a lui cerca avidamente di far sì che i messaggi con cui sono stati adescati ("lasciatevi viziare") abbiano un loro perchè.
DFW passa ogni cosa al setaccio, dall'arrivo all'aeroporto di Fort Lauderdale, all'attesa sulla banchina, alla sistemazione sulla nave, agli attracchi nave contro nave, alle cene e alle attività di gruppo, alle incongruenze e agli egoismi che passano sotto gli occhi indifferenti di tutti al grido del "divertirsi ad ogni costo"; a volte senza nemmeno sapere cosa si sta facendo.
E' un libro intelligente, e si respira tutta la costernazione di fronte ai comportamenti al limite dell'assurdo della folla di esseri umani di cui DFW tratteggia un ritratto non proprio lusinghiero, ponendo l'accento sulle tendenze capronesche a cui tutti si sottomettono con uniformità e quasi con diligenza.
Ma, ehi baby, è l'evoluzione della vacanza del mondo occidentale.
Che sembra, paradossalmente, non riuscire mai a prendersi una vacanza da se stesso.

mercoledì 6 febbraio 2013

Richard Dawkins - L'illusione di dio

L'illusione di dio mi sono convinta a comprarlo dopo aver visto una breve intervista di Jonathan Miller a Dawkins, che era vestito impeccabilmente di tweed e di aplomb britannico, e il tweed è una mia debolezza.
L'ho letto di getto - oh, il grande genio divulgativo degli inglesi! - ed è stata una lettura divertente e interessante. Ma, soprattutto, è stata una lettura inaspettata: lasciando da parte tutte le inutili recensioni a senso unico, sia da una parte che dall'altra, lo si può leggere subito tra le righe o aspettare le ultime pagine: l'illusione di dio non è nient'altro che una grande dichiarazione d'amore.